La nutria: un simpatico animaletto o una piaga per i nostri ecosistemi?
Dalla pianura padana, alla Toscana, lungo la costa adriatica e fino all'Abruzzo. Questa specie alloctona crea non pochi problemi.
Probabilmente entrambe le cose, forse è questa la risposta più giusta alla domanda del titolo. La reputazione delle nutrie non è delle migliori, in particolare a Milano, dove abitanti e frequentatori dei quartieri attraversati dal Lambro hanno imparato a conoscerle e non le vedono di buon occhio, sia perché vivono in acque purtroppo non pure e cristalline (la specie è semi-acquatica) e sono quindi considerate con diffidenza e ribrezzo, sia perché sono ormai noti i danni che provocano a livello ambientale, ad esempio alla nidificazione di alcuni uccelli acquatici e agli argini dei fiumi che indeboliscono scavando tunnel sotterranei.
In effetti questa cattiva reputazione non è ingiustificata: la IUCN (International Union for the Conservation of Nature) ha incluso la nutria tra le 100 specie alloctone più invasive del mondo e in Italia ed è ufficialmente ritenuta “specie indesiderabile sul territorio nazionale”, causa di notevolissimi danni al territorio, alla fauna acquatica e alle colture di barbabietole da zucchero, mais, patate e non solo. Fortunatamente, il Ministero dell’Ambiente le ha attribuito una “scarsa rilevanza epidemiologica” nella trasmissione di malattie e non risulta pericolosa per l'uomo (è vegetariana e piuttosto timorosa per cui se la si incontra, si allontana al più presto). Secondo la Legge 157/92, non si può catturare e non è cacciabile.
Nel nostro Paese è molto presente nella Pianura Padana e sulla costa tirrenica tra l’Arno e il Tevere. Interessante sapere che la nutria è originaria del Sudamerica e dalle nostre parti, come in molti altri territori dell'emisfero nord, ci è arrivata più o meno un secolo fa non certo per sua volontà, ma per essere allevata come animale da pelliccia di poco pregio, quella nota come 'castorino'. Dagli allevamenti sono fuggiti alcuni esemplari o sono stati liberati dagli stessi allevatori. Si è poi diffusa diventando "una piaga per i nostri ecosistemi" fortemente antropizzati.
Allo stato attuale è complesso trovare una soluzione semplice e condivisa. In Inghilterra ci fu una campagna di totale eradicazione tramite cattura con gabbie e successiva soppressione con costi abbastanza elevati nel breve periodo, che però sono complessivamente minori dei costi sostenuti sul lungo periodo per le campagne di contenimento e per la gestione dei danni. In Italia il Ministero dell’Ambiente vieta l’uso di veleni e rodenticidi, così come ogni altro metodo non selettivo.
Le campagne di contenimento mediante cattura, sterilizzazione chirurgica o immuno-contraccettivi e successiva liberazione, richiedono rilevanti impegni economici ed operativi, e spesso non sono praticabili. Sempre il Ministero proibisce l’abbattimento diretto con arma da fuoco, anche da parte del personale autorizzato, nelle zone umide nelle quali sia presente la lontra al fine di escludere possibili abbattimenti accidentali di quest’ultima.